A Dubai con un sogno, intervista a Roberto Martini della Martini Luxury Design (IT, UK)

Dubai, Emirati Arabi. Il paese degli eccessi, degli sceicchi e del denaro. Ma anche delle università e dell’innovazione. Laggiù si è trasferito Roberto Martini, artista, fondatore e CEO della Martini Luxury design specializzata in decorazioni interne per abitazioni di lusso. Originario di Riccione, ha studiato in ambito artistico. Roberto è un giovane ambizioso e tenace, ha lavorato in diversi paesi, maturato esperienze significative e oggi lavora creando ambientazioni particolari e preziose a Dubai; collabora con le università di Architettura del posto, insegnando ai futuri architetti segreti e tecniche per creare ambientazioni artistiche originali. L’abbiamo incontrato per conoscere la sua esperienza e ci ha rivelato un progetto ambizioso che vuol realizzare, il suo sogno nel cassetto.
del 16/11/16 -

Un Italiano, un artista che approda a Dubai. Qual’è stato il percorso che ti ha condotto così lontano?

Un percorso non facile, fatto di tanti sacrifici, anche disofferenze in alcuni momenti. Quando sogni in grande non è mai facile realizzare un sogno. Lo costruisci piano piano, cercando di arrivare alla meta che ti sei prefissato. Ho sempre amato il mio lavoro. Amo alzarmi la mattina pensando di creare e di inventare. Il lavoro per me è sempre è un divertimento. Passo il tempo a creare quello che amo, ovvero l’arte e l’atto del creare. La mia creatività è il mio valore aggiunto. E’ molto importante quando lavori nell’ambito dell’interior designer. Con la creatività costruisci, ma non basta. Ci vogliono le situazioni e le persone giuste da incontrare. A volte ci riesci, altre no. Ma sono sempre esperienze che ti aiutano a cresce e migliorare.

Non ho studiato da architetto, ma ho sempre amato il settore. Specialmente quello dei “building”, delle torri, un po’ fuori dai canoni tradizionali.

Sono arrivato qui, a 5000 km dall’Italia, perché ho seguito sin dal loro inizio, attraverso i canali televisivi Discovery, i vari progetti che venivano realizzati a Dubai. Per esempio il Burj al arab, uno dei primi simboli di Dubai, e ne sono rimasto affascinato. Dubai è diventato il mio “pallino fisso” che ha alimentato la voglia di fare e creare.

Inizialmente pensavo di venire solo in vacanza, poi ho partecipato all’ Index (Index International Design Exhibition) che è la fiera del design del settore, nel 2009. Da lì è nato il tutto. Pur non avendo mai studiato inglese, mi sono ritrovato in una realtà nuova, da solo, senza saper le lingue. E’ stata davvero dura all’inzio, in un paio di occasioni ho pensato di tornare a casa. Dopo un dieci mesi ho iniziato a parlare in modo utile l’inglese e dal 2010 sono rimasto qui, a Dubai.

Insegni all’Università? Parlaci di questa esperienza.

Ho tenuto dei corsi, sul modello dei workshop, nei quali insegnavo alcune delle varie delle tecniche di applicazioni dei decorativi a studenti delle facoltà di architettura e internal designer. Sono state lezioni su come utilizzare le tecniche basandosi sulle luci e sulle ambientazioni in cui i futuri architetti andranno a lavorare, per far si che il decoro venga valorizzato. Si incomincia ad esaminare le strutture portanti della casa (pavimenti, soffitti, pareti) e le decorazioni possibili; poi si passa all’aredamento vero e proprio (divani, sedie, tende, mobilio in genere). E’ stata una bellissima esperienza e mi sono divertito insieme agli studenti. La risposta degli allievi è stata positiva; hanno avuto modo di sperimentare quanto appreso e la creatività dei migliori è stata premiata. Probabilmente ci sarà una nuova edizione anche quest’anno.

Per cosa si caratterizza il tuo lavoro artistico nelle ambientazioni che crei?


Caratteristica principiale è la personalizzazione del lavoro. Creare cose di un certo livello che non sono alla portata di tutti. I decori son personalizzati a volte in maniera esclusiva; li chiamo “masterpiece”. Fare qualcosa di diverso che nessun altro fa, e che è personalizzata sul cliente. Ci sono molte aziende che realizzano grosso modo le stesse cose e cambiano solo il nome. A piace mischiare le tecniche e creare qualcosa di unico per una determinata situazione e per un particolare cliente.

Da dove nasce l’idea di questo progetto di cui ci hai parlato?

L’idea di questa “Tower” nasce circa due anni fa, da un forte desiderio di fare qualcosa per questa città. Dubai è sempre stata la città degli eccessi; dalla torre più alta agli alberghi più lussuosi e cari al mondo. Ho sentito il desiderio di creare qualcosa di unico. Risponde alla filosofia che c’è qui, come fa lo sceicco (Mohammed bin Rashid Al Maktoum) di Dubai, che vuole essere il primo in tutto quello che fa. Un modo di pensare che mi appartiene; non mi piace essere il secondo, ma essere il primo che fa qualcosa e lascia un segno che consentirà agli altri di ricordarti.

Rappresenta un mix di storia araba (quella recente degli Emirati Arabi Uniti) unita alla storia antica degli arabi, insieme al tocco della modernità che contraddistingue la realtà della Dubai di oggi. Ho voluto giocare con il passato storico del paese, il presente e immaginando il futuro.

Ho inserito nell’idea i quattro elementi della vita (Terra, Aria, Acqua, Fuoco ) che mi hanno sempre affascinato. Questi vengono richiamati all’interno della Torre con un gioco di decorazioni. Il suo nome sarà BURJ AL FAN, ovvro la torre degli artisti.

Che cosa vuole simboleggiare questa Torre?

La mia idea principale, se qualcuno la vorrà realizzarla, è simboleggiare il tradizionale abito arabo Kandura, in particolare la parte superiore, il Gutrah, che è il tradizionale copricapo bianco, ornato con una fascia chiamata Agal che serve per tenere fermo il Gutrah. Dovrà essere costruita su un isola artificiale sul mare, possibilmente vicino al Burj al-Arab, perché le sue dimensioni sono il doppio. È una struttura matsodontica, che si dovrà vedere da ogni angolo della città. La parte frontale guarderà la città dal mare. Simboleggia il potere, la grandezza. Una parte sarà costruita sotto il livello dell’acqua, lasciando intuire il mistero che si cela dentro gli abissi.

Quanto tempo ha richiesto e quali sono state le difficoltà tecniche e artistiche che hai incontrato nel realizzare il progetto?

L’ho realizzato nei ritagli di tempo, inizialmente, sovente di notte, il momento in cui amo creare. Non ho incontrato particolari difficoltà tecniche o artistiche, i problemi li avranno gli architetti e gli ingegneri che dovranno affrontare la complessità del progetto. Specialmente con le forme che le ho dato. E’ interamente fatto di vetri, quasi tutti stondati, con design molto particolari. Ho seguito il cuore e le immagini che mi si formavano nella mente, tutto è venuto molto naturale.

Quanto ti ha coinvolto come artista?

Mi ha coinvolto tantissimo, il concept e l’idea sono miei; lo sento quasi come un figlio, una creatura. Notti trascorse a disegnare sui fogli, cancellando e ricominciando. Tante ore dedicate nell’arco di quasi due anni. Ogni singolo dettaglio è stato allevato come un figlio, studiando ogni particolare, sino a fare il rendering in 3D con i pochi mezzi a disposizione. Ci vorrebbero i programmi adatti per ottenere l’immagine reale, ma sono molto costosi.

Che cosa vorresti capitasse ora?

Il sogno in questo momento è quello di vederla costruire, passare dal foglio di carta alla realtà. Lasciare un segno dove tutti sapranno e si ricorderanno che è stata ideata e progettata da me.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Fare la torre, e poi avere l’incarico di decorare l’intera torre, partecipando alla sua realizzazione. Poi ho altri progetti in mente, ma è presto per parlarne. Il mio lavoro è sempre guidato dal motto “Solo coloro che possono vedere l’invisibile possono compiere l’impossibile”.

By Davide Amerio Tgvallesusa.it



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