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5 gennaio 1997 – Quando un gol, oltre al biglietto, vale un intero abbonamento. Youri Djorkaeff, l’acrobata nerazzurro

Uno stacco imperioso, un volo in cielo, un quoziente di difficoltà non quantificabile: Djorkaeff era talmente defilato, che far passare quel pallone alle spalle del portiere sembrava impossibile. Già. Sembrava...
del 08/01/18 -

GLIEROIDELCALCIO.COM (Giorgio Muresu) –
Alzi la mano chi non ha mai trascorso interi pomeriggi, “in barba” ai compiti assegnati a scuola, a scambiare le celebri figurine Panini o attaccarle sull’omonimo album.
Pochissime, certamente, le mani abbassate.
Quei magici rettangoli autoadesivi (dagli anni ’70, dato che alle origini della raccolta, nei primi anni ’60, occorreva armarsi di colla e pazienza), hanno segnato momenti indimenticabili della nostra infanzia. Mamma e papà erano costretti a regalarci pacchetti su pacchetti davanti alle edicole, per la soddisfazione di completare, con i nostri beniamini, le annate calcistiche.
Quel susseguirsi frenetico di mezzibusti (i calciatori furono talora rappresentati in figura intera o in azione), più o meno noti, scandiva la “contrattazione” con gli amici dei “doppioni” e degli introvabili.

Tuttavia, mentre le facce, le maglie e le “mode” si sono avvicendate al passo coi tempi, lasciando spazio a volti diversi con il succedersi delle raccolte, dal 1965 un uomo – sarebbe il caso di dire un’icona – campeggia incontrastato sulle bustine Panini.
E’ Carlo Parola, giocatore degli anni ’50, assurto alle cronache per aver dato alla luce il gesto tecnico più difficile e al contempo sublime a vedersi nel calcio: la rovesciata.
A dispetto dei pochissimi gol segnati in carriera, con quello che fu definito dal giornalista dell’epoca, Corrado Banchi, “uno stacco imperioso, un volo in cielo, una respinta in uno stile unico”, Carlo Parola è divenuto il capostipite di un’acrobazia dal fascino immortale.
Il fermo immagine di quella posa plastica, rievoca infatti un ricordo che riempiva le nostre giornate di bambini e che un po’ tutti quanti abbiamo cercato di replicare (personalmente, in modo goffo e con scarsissimi risultati), nei cortili, al parco o su altri campi da calcio, improvvisati e non.
Certamente, nel viaggio tra i più bei gol in Serie A, realizzati “con il mondo sottosopra”, va annoverata di diritto la prodezza balistica di Youri Djorkaeff, talento franco-armeno atterrato nell’estate del 1996 dal Paris Saint-Germain a Milano, sponda FC Internazionale.

Il 5 gennaio 1997, alla “Scala del calcio” è il giorno di Inter-Roma: i nerazzurri, a digiuno di vittorie da ben due mesi, sono costretti a fare risultato per non far traballare la panchina di Roy Hodgson; i giallorossi, dal canto loro, hanno sostituito il decano Carlo Mazzone con l’argentino Carlos Bianchi – reduce dal trionfo intercontinentale di due anni prima con il Vèlez Sarsfield – e dopo le prime convincenti partite di campionato, galleggiano tra la metà e il fondo della classifica.
Nella fredda giornata milanese, la partita si mette subito in discesa per l’Inter: dopo 11 minuti il tiro cross della giovanissima “scommessa” argentina Javier Zanetti, ora vicepresidente del Club, finisce tra i piedi di Maurizio Ganz, che con la punta del piede sinistro spiazza Giorgio Sterchele per l’1 a 0.
Il tempo si ferma, però, al minuto 39: sempre Ganz lascia partire un gran sinistro, respinto da Sterchele, il difensore giallorosso Fabio Petruzzi svirgola un improbabile “campanile” e Youri Djorkaeff, da talentuoso artista, lo trasforma nella più bella delle basiliche, inventandosi una spettacolare bicicletta aerea da posizione decentrata.
Palla a fil di palo e pubblico in piedi a spellarsi le mani.
Petruzzi, quasi fosse uno spettatore seduto in prima fila, assiste impotente alla magia.
Sterchele, come a sentirsi colpevole di rovinare quel capolavoro, non accenna neppure l’intervento.
Uno stacco imperioso, un volo in cielo, un quoziente di difficoltà non quantificabile: Djorkaeff era talmente defilato, che far passare quel pallone alle spalle del portiere sembrava impossibile.
Già. Sembrava.
La palla, schizzata in aria dopo l’intervento maldestro del difensore giallorosso, era ripiombata lungo una verticale immaginaria proprio nella zona di campo di Djorkaeff che, sospeso in cielo, ha messo in scena un colpo da funambolo, perfetto in ogni suo momento.
In un attimo, tutti gli ingredienti di un’opera d’arte sportiva hanno trovato la loro sintesi in quel gesto.
Rapidità. Tecnica. Eleganza. Coordinazione. Precisione.
Gli arrivano addirittura i complimenti del giudice di gara, Graziano Cesari.
Anche se non ne fecero un francobollo celebrativo, come accadde per Carlo Parola, quel volo magnifico fu talmente spettacolare da meritarsi la copertina dell’abbonamento interista per la stagione seguente, coronata con il successo in Coppa UEFA.
Altro che le parabole impossibili del cartone animato giapponese “Holly & Benji”: quel pomeriggio, Djorkaeff, fece vivere a 45.000 fortunati un momento di vero e proprio fantacalcio.
Luci a San Siro.
Chissà se ne accenderanno ancora così.
(Si ringrazia Gabriele Magaddino per averci concesso la possibilità di poter ammirare l’abbonamento facente parte della sua collezione)



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